ALESSIO COGODI PT. 1: OGGI L’AUSTRALIA, DOMANI IL MONDO

Ciao a tutti, il mio nome è Alessio Cogodi, e no… non mi sto presentando agli “alcolisti anonimi”!

Oggi sono qui per raccontarvi una storia, quella di un sogno apparentemente inafferrabile.

Il lontano 2007

Come tutti i sogni importanti ha radici profonde che affondano nel mio passato, ma lasciatemi spiegare. Se dovessi trovare un VERO inizio a questo racconto lo ambienterei nel 2007.

Sin da quando frequentavo la scuola sono sempre stato un ragazzo molto curioso, pieno di idee e voglia di fare, nonostante la vita in un paesino sardo di sole 1300 persone sia tutto tranne che eccitante.

Il mio sogno, come quello di molti motociclisti è sempre stato quello di viaggiare per il mondo e di esplorare posti che la gente intorno a me poteva solo immaginare.

Sapevo che nulla cadesse dal cielo come per miracolo ed ovviamente anche la vita che desideravo non mi sarebbe stata servita ai piedi. Non avendo mamma e papà che me li pagavano, decisi di sfruttare la mia passione per i viaggi cercando di trasformarla in un lavoro.

Decisi che un domani sarei stato un pilota d’aerei. Si lo so, quanti ragazzi sognano questo lavoro nella vita?
Immagino che almeno al 90% di noi sia capitato di farci un pensierino.

Ecco, il punto è che io ci feci più di un pensierino, mi impegnai e dopo tanta fatica riuscii ad essere ammesso in uno dei pochi corsi in Italia che mi avrebbe dato la possibilità di diplomarmi come perito aeronautico e in concomitanza di prendere il primo livello della patente per la guida di mezzi aerei.

Le cose andavano a gonfie vele, i voti scolastici erano buoni ed io ero sempre più concentrato sul raggiungimento del mio obbiettivo.

A quanto pare il destino non era del mio stesso avviso.
Quell’anno mi venne diagnosticato il diabete tipo 1, rendendomi così Insulino-dipendente per il resto della
vita.

Devo ammettere che non la presi per nulla bene, tutto quello per cui avevo lavorato era scomparso davanti ai miei occhi e non c’era nulla che potessi fare.

Mi sentivo svuotato. Tutto ciò che avevo inseguito per così tanto tempo era andato in cenere. Questo mi fece cadere in una sorta di depressione che mi accompagnò per parecchio. Mi rinchiusi in casa e per molto tempo non uscii, passando giornate intere a letto con i soli anime a farmi compagnia.

Abbandonai anche la scuola visto che ormai quel percorso di studi non mi avrebbe portato da nessuna parte.

Il tempo passò e all’età di 19 anni lavoravo in aeroporto come addetto al carico e scarico bagagli. Un lavoro duro ma quell’ambiente mi dava la possibilità di rilassarmi (si, trovo gli aeroporti rilassanti).

A quei tempi possedevo una CBR 600 RR comprata con i risparmi di mesi e mesi di lavoro.

Strano come a volte il destino gioca con la tua vita,come fosse quasi un’ entità invisibile che in qualche modo fa si che tutto alla fine abbia un senso.

Le cose sembravano finalmente andare meglio, però quando mi ritrovavo nel piazzale dell’ aeroporto (sopratutto durante i turni di notte dove talvolta lavoravo da solo) pensavo sempre a cosa avrebbe
fatto tutta quella gente che mi passava davanti agli occhi. Dove andranno? Cosa faranno? Saranno felici? Qualcosa scavava dentro di me e nonostante sapessi di cosa si trattasse decisi di sopprimere quel
sentimento sapendo che non ci fosse nessuna soluzione.

Perché, se gli uccelli possiedono le ali, stanno sempre fermi dentro il loro nido sopra quell’albero? Se solo avessi le ali volerei via da qui e non tornerei più, questo pensavo.

Un giorno, mentre tornavo a casa in moto, mi stupii nel notare che nei 35 km che dividono Cagliari dal mio paese avessi incrociato solo tre macchine. Strano ma nulla di cui preoccuparsi.

Cambio Ritmo

A pochi km dal mio paese mi ritrovai a percorrere una curva che probabilmente avrò fatto un milione di volte in vita mia, però quel giorno era diversa. La notte priva aveva piovuto e gli ammassi di terra presenti ai lati della strada erano in parte stati trascinati sull’asfalto dalle piogge torrenziali che avevano colpito la zona.

140 km/h, moto completamente piegata ed ecco che prima che me ne accorgessi l’anteriore perse aderenza, riuscii a controllare la moto allargando la traiettoria. Sapevo di poter rientrare tranquillamente nella mia corsia ma ecco che in quel momento arrivò la quarta macchina incrociata in 35 km che mi prense in pieno.

Frontale a 140 all’ora.

In quel momento non indossavo né i guanti né la giacca con le protezioni. La botta mi sbalzò sulla macchina, sfondai con le mani il parabrezza e poi, dopo essere rotolato sul tetto, venni sbalzato a 20 metri di distanza.

Blackout!

Mi risvegliai sull’asfalto, non avevo nemmeno le forze per guardarmi intorno ma non sentii nessun dolore. Capii subito che la situazione era tragica quando vidi che il mio piede di trovava all’altezza dello stomaco.

Ok, questo non va bene. Adrenalina a mille. Il mio primo pensiero è quello di controllare se riesco a muovere le dita dei piedi, se non dovessero muoversi mi lascerò andare pensai.

Fortunatamente riuscii a muoverle nonostante la brutta situazione e questo mi calmò un po’, però la frattura scomposta/esposta del femore aveva danneggiato l’arteria femorale e mentre il tempo passava continuavo a perdere sangue creando una pozza rossa intorno a me. Il respiro diventava affannoso e non riuscivo più a tenere gli occhi aperti.

La svolta

Sai quando ti capita qualcosa nella vita e capisci che quello è un punto di svolta? Ecco, questo è stato il mio. In quel momento ho sperimentato la morte. A chiunque mi abbia chiesto cosa si provi l’ho sempre descritta come la sensazione che si può avere dopo una lunga giornata passata a lavorare duramente e dopo aver appoggiato la testa sul cuscino si fa quel lungo respiro prima di cadere in un sonno profondo.

In quel momento sapevo che se mi fossi addormentato sarei rimasto lì, quindi ho tenuto stretta la mano di una signora preoccupatissima che si era fermata a prestare soccorso. Per me quello era il modo di aggrapparsi alla vita.

Cominciai a pensare a cosa ne avessi fatto del dono della vita e mi sentii improvvisamente tristissimo. Capii che se fossi morto in quel momento avrei solo buttato via tutti quegli anni passati pensando solo agli abiti
firmati e ad avere una bella macchina per far colpo sulle ragazze.

Quanta inutilità, che vita sprecata. NON VOLEVO MORIRE.

In quel momento mi sono ripromesso che se fossi riuscito a rialzarmi sulle mie gambe avrei fatto sì che quando mi fossi ritrovato nuovamente nella stessa situazione il film della mia vita sarebbe stato degno di essere visto.

Nel mio ultimo ricordo ci sono io che dico qualcosa a mio padre prima di essere portato in codice rosso con l’ambulanza in ospedale, dopo questo solo buio e incubi.
Mi risvegliai in una stanza d’ospedale bianca e asettica. Ero molto confuso,sapevo di aver avuto un incidente ma nulla più. Non passò molto prima che fecero entrare uno dei miei genitori nella stanza al reparto rianimazione nella quale mi trovavo. Vidi mio padre venire verso di me visibilmente stanco e preoccupato. Mi disse che avevo passato le ultime due settimane in coma, che tante cose erano successe e che tante altre sarebbero ancora dovute succedere ma che sarei dovuto essere forte.

Mi disse che per i primi tre giorni i dottori erano convinti che sarei morto da un momento all’altro e li avvisarono di tenersi pronti. Dopo qualche giorno il mio corpo diede segni di miglioramento anche se la gamba era in pessime condizioni. Chiesero ai miei genitori l’autorizzazione ad amputare per scongiurare rischi che si sarebbero poi ripercossi sul resto del corpo se il danno non fosse stato contenuto. I miei genitori negarono l’autorizzazione conoscendo il mio punto di vista sulla questione. Avrei preferito morire piuttosto che perdere un arto (parere strettamente personale).

La prima cosa che feci? Piansi, non so se fosse un pianto di felicità per aver avuto una seconda occasione o solo un pianto legato alla paura.

La seconda cosa? Dissi a mio padre che mi sarei preso un’altra moto appena possibile.

Dopo poco venni spostato in un altro reparto dove i medici mi informarono del fatto che durante l’incontro un po’ troppo ravvicinato tra la mia mano e il cristallo della macchina mi ero reciso quattro tendini della mano sinistra, rendendo necessarie parecchie operazioni solo per pulire la ferita e aggiungere delle parti di tendine trapiantate da altre parti del corpo. Il mio braccio era completamente morto e non avevo nessun controllo su di esso.

Ancora oggi ricordo con chiarezza le parole del dottore

“Se non sarai in grado di compiere miglioramenti nei prossimi 15 giorni significa che l’operazione non è stata sufficiente e quindi dovrai convivere con un braccio che non sarà più in grado di muoversi per il resto della vita”.

Ragazzi, queste sono parole che fanno gelare il sangue e che non vorresti mai sentirti dire.

Peccato che io sia un tipo molto testardo e pochi giorni dopo ero già in grado di compiere dei movimenti
millimetrici con le dita. La fatica che ne conseguiva era quella che in questo momento sentirei se dovessi fare dieci giri di campo correndo, però per me significava SPERANZA, era come essere stato il primo uomo sulla luna.

Sapevo di potercela fare, ne avevo la forza. Uscito dall’ospedale passai i mesi seguenti a rimettermi in sesto.

Sei mesi solo per ricominciare a camminare e molti di più solo per essere in grado di nuovo di alzare una bottiglietta d’ acqua vuota con il braccio e un sacco di cicatrici che mi ricordavano cosa avevo passato.

Riottenuta la vecchia forma fisica continuai ad allenarmi nella corsa, però la routine è maledetta e non ci volle tanto prima che mi inghiottisse nuovamente.
Le giornate passavano di nuovo tutte uguali ed era come se nulla fosse mai accaduto. Qualcosa mancava, qualcosa di importante.

Un martedì pomeriggio mi sedetti al computer e senza dire nulla a nessuno mi prenotai dei biglietti aerei per andare a compiere il cammino di Santiago. Esperienza incredibile e consigliatissima. Ho trascorso un mese camminando attraverso Francia e Spagna dopo aver scalato i Pirenei.

Grazie a questa esperienza ho ammirato orizzonti che mai avrei pensato di vedere, ho conosciuto persone fantastiche e vissuto l’esperienza backpacker che mi ha fatto crescere tanto e che tanto mi avrebbe offerto in futuro.

Torno a casa con uno zaino pieno di esperienze e bei momenti ma probabilmente quello non era ancora abbastanza, il destino aveva in serbo altro per me.

Dopo qualche giorno passato a casa, una mattina decisi di prendere il CBR di mio padre e dare una controllata alle sospensioni. Mentre percorrevo le strette vie del mio paese a circa 30 km\h, una macchina proveniente dalla direzione opposta occupò parte della mia corsia e mi prese in pieno.

Io svenni e l’ ambulanza arrivò solo un bel po’ di tempo dopo. Quando mi controllarono il dottore disse che non mi ero fatto nulla e che ero solo traumatizzato per via della botta.

Fui portato in ospedale con tutta calma in codice verde, fin quando una volta arrivato in ospedale, ancora incosciente, incrociai un medico competente che ordinò di portarmi subito in sala operatoria.

Nuova diagnosi

Sterno spaccato in due punti, due costole rotte e milza spappolata con conseguente scoperta di un litro e mezzo di sangue nella regione addominale data dall’esplosione dell’organo.

Non una simpatica situazione. Anche qui tante belle cicatrici e un’altra storia da raccontare per far spaventare le persone.

Quello che però spaventò me di tutto non fu il dolore o le cicatrici, piuttosto il fatto che durante tutti quegli anni avevo perso di vista il mio sogno.

I sogni che porti dentro il cuore ti parleranno sempre, non renderanno le tue notti serene fin quando non farai ciò che ti suggerisce.

Io credo fermamente nel destino, credo che tutto ciò che ci succede nella vita sia in qualche modo già scritto. tutto ha una ragione.

Ogni volta che qualcosa di brutto ci accade pensiamo sempre che sia la fine, ci disperiamo e cerchiamo di dare la colpa dei nostri fallimenti o dei nostri malumori a chi ci sta intorno invece di cercare di imparare da essi.

Dopo questo incidente ho capito che la vita a suo modo mi stava dando dei forti segnali.

Non devi stare qui, questo non è quello che vuoi o quello che stai cercando. Tu seguirai il tuo destino con le buone o con le cattive.

Solo dopo questo ho capito che guardavo il quadro da troppo vicino concentrandomi sui dettagli e pensando che fossero quelli a dare importanza, quando invece mi sarei dovuto concentrare sull’intera opera. Solo unendo i puntini riuscirai veramente a capire che tutto ciò che è capitato nella tua vita ha uno scopo, sopratutto i momenti dolorosi. Senza i momenti difficili non sarei mai riuscito a capire chi sono e cosa voglio
dalla mia vita.

Oltreoceano

In questo momento mi trovo in Australia e cerco di realizzare il mio sogno, lo stesso sogno che l’umanità insegue da sempre.

Essere Libero

Spenderò il prossimo anno portando a compimento il giro dell’ Australia, in moto ovviamente. In questo momento ho attraversato lo stato di Victoria, New South Wales e Queensland ed ora mi trovo nel North Queensland, e l’idea è quella di seguire la costa durante tutto il viaggio.

Ovviamente i problemi sono sempre dietro l angolo e a Dicembre comincerà la stagione delle piogge a nord del Tropico del Capricorno con temperature che oscillano dai 35 ai 40 gradi già dalle 8 del mattino e con piogge incessanti che portano i fiumi della zona a straripare e talvolta ad avere anche 1 metro d’ acqua.

Nelle strade chiudendo di conseguenza tutte le vie di comunicazione con le città circostanti (i locali parlano anche di coccodrilli per le strade).

Decisamente non il miglior momento per viaggiare in moto.

Cambio di piani. Per trovare il bel tempo devo recarmi al sud ma non voglio tornare sui miei passi recandomi a Melbourne o Sidney, quindi attraverserò tutto l’entroterra del Queensland, il deserto del Northern Territory (dove passerò il Natale ad Uluru,la montagna sacra per gli indigeni) armato solo di una tanica per la benzina e una per l’ acqua (visto che si possono trovare tratti di anche 500/600 km senza incrociare un paese,una stazione di servizio e probabilmente un anima viva).

Tutto questo viaggio mi porterà in circa due settimane a Perth nel Western Australia,dove passerò il
capodanno.
(Eh si, l’articolo è qui in attesa da prima dei Natale, e anche del Coronavirus, che al momento è presente anche in Australia, rendendo non troppo agevoli gli spostamenti – ndr)

In passato le ali mi sono state tarpate prima che potessi anche solo provare a volare ma ho scoperto che due ruote possono essere più forti di qualunque paio di ali.

Tutto dipende da te, da ciò che ami e da ciò che il tuo cuore ti suggerisce di fare.
Ascoltalo sempre, è il tuo migliore amico e colui che non ti mentirà mai.

Alessio Cogodi, 2019


Tutta questa pappardella solo per arrivare a una conclusione, se un diabetico senza milza e con più ossa rotte che sane sta riuscendo a portare a compimento il suo sogno, cosa sta fermando te dal fare lo stesso?

Oggi l’Australia, domani il Mondo. (E documenteremo tutto)

Alessio Cogodi

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